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Dalla Psicodinamica alla Psicosomatica - I numerosi contributi

.... che fine ha fatto il fattore "corpo" ?
.... che fine ha fatto il fattore "corpo" ?

E’ possibile affermare che la psicosomatica è nata prima con l’uomo e la civiltà, nell’epoca della fioritura della civiltà greca (ancor prima di Ippocrate) e poi via via fino ai giorni nostri. In epoche recenti il medico svizzero Theophrastus Bombastus von Hohenhaim, detto Paracelso (1493-1541), aveva già un’idea precisa di come l’entità mente – corpo fosse costituita in relazione all’ambiente eco-socio-culturale. Oltre 2000 anni fa la cultura cinese era giunta alla formulazione del proprio sistema filosofico culturale che aveva di conseguenza delineato il quadro olistico-energetico tutt’ora in uso nella pratica clinica. Senza entrare nel dettaglio delle similitudini fra la teoria di Paracelso (di difficile comprensione per gli occidentali, derivata da esperienze mistiche medievali), e la Medicina Tradizionale Cinese (altro importante paradigma che solo negli ultimi due decenni è entrato a far parte della pratica clinica convenzionale), basti dire che le entità che Paracelso identificava, possono essere collegate ai cosiddetti  5 Elementi della MTC:

Campo causale Ens Naturale = Acqua (Rene)

Campo causale Ens Astrale = Legno (Fegato)

Campo causale Ens Veneni = Terra (Milza)

Campo causale Ens Spirituale = Metallo (Polmone)

Campo causale Ens Dei = Fuoco (Cuore)

Per arrivare ai giorni nostri, è quasi paradossale che, per trovare esperienze psicosomatiche nelle terapie di impronta psicologica, si debba entrare nel campo della psicologia dinamica, dove solo dopo molti decenni si è superata la visione di un corpo appendice ad una mente complessa, in continuo tumulto interno e sede principale dei vari processi psichici spesso conflittuali.

Il germe della connessione corporea è nato proprio in tale ambiente, da autori tanto distanti tra loro quanto vicini nel tentativo di dare una risposta precisa all’integrazione mente-corpo (non dimenticando però il settore cognitivo-comportamentale dove il corpo, attraverso il comportamento manifesto è già un fattore importante del contesto ma, in relazione alle origini della psicosomatica, la psicodinamica mantiene un ruolo di maggiore importanza).

Oggi la visione psicodinamica dei processi psichici tiene in considerazione e coniuga entrambe le posizioni che per molti anni si sono contrapposte, le relazioni oggettuali/intrapsichiche e le relazioni interpersonali, in quella che Mitchell (1988) definisce “matrice relazionale”.

Se il concetto di “intersoggettività” può essere utilizzato in terapia nel significato di “2 soggetti in analisi”, può comunque essere utilizzato per espandere il campo di pertinenza alle modalità che la persona incontra durante il proprio sviluppo emotivo e relazionale.

In questo modo possiamo legare ad un filo conduttore comune i vari e diversi contributi che da Freud ad oggi hanno costellato il percorso psicanalitico e psicodinamico, correlandolo a quanto sarà proposto in questo elaborato.

Vediamo, quindi, come alcuni autori molto diversi tra loro, ma fra i più rappresentativi, pur restando nel medesimo alveo, hanno contribuito, secondo la loro esperienza clinica, all’evoluzione dei concetti psicodinamici che possiamo ritrovare anche in un differente paradigma psicosomatico come quello proposto:

•          Sigmund Freud (1892-1895): pur non avendone un obiettivo dichiarato, Freud anticipava in modo parziale e eterogeneo alcuni concetti psicosomatici quando si riferiva alla conversione isterica e alla nevrosi d’angoscia. La prima dove il sintomo corporeo rappresenta un contenuto psichico inaccettabile e perciò rimosso, la seconda quando un’eccitazione sessuale si trasforma direttamente in sintomo senza mediazione psichica. Il sintomo organico permette un percorso a ritroso nel tentativo terapeutico di risolvere il conflitto a monte, integrando la pulsione nell’Io con conseguente soddisfazione oppure sublimandone gli effetti, in modo che non sia più necessario il meccanismo della rimozione oppure la scarica nell’organico.

•          Georg Groddeck (1923): Ne “Il Libro dell’Es” (1923) e poi successivamente ne  “Il linguaggio dell’Es” (1933), si delinea come la malattia rappresenti una difesa, dal mondo che umilia il soggetto o che pretende da lui prestazioni superiori alle sue capacità. La patologia quindi come simbolismo di una difficoltà “ad essere nel mondo”. Come dice Groddeck “ … le resistenze dell’Es a esprimersi come l’Io vuole …” . Scrive Groddeck “Mi sono convinto che la distinzione tra anima e corpo è solo verbale e non sostanziale, che corpo e anima costituiscono un tutto unico, …” (in Freud, 1970, p. 11).

•          Sandor Ferenczi (1924): Lo sviluppo dell’individuo attraverso un processo a 6 stadi di introiezione e proiezione. Il concetto importante di “trauma” (qui derivante dall’adeguamento al mondo dell’adulto), non fantasia ma esperienza reale. La formazione dei simboli attraverso i fondamenti e lo sviluppo emotivo. L’impiego della cosiddetta “tecnica calda”, per arrivare emotivamente al soggetto.

•          Wilhelm Reich (1925): ovvero la scoperta del corpo, soprattutto in terapia. Attraverso l’analisi delle cosiddette “corazze caratteriali” il corpo entra di diritto nella terapia psicodinamica e questo fungerà da base per la terapia Bioenergetica, il cui capostipite sarà A. Lowen.

•          Walter Cannon (1927-1929): Noto per la Teoria delle Emozioni di Cannon-Bard che, pur con importanti limiti poi superati dalle ricerche più recenti, ha il merito di aver introdotto il concetto che per provocare delle emozioni sono necessari gli input che provengono sia dalla corteccia cerebrale sia dal Sistema Nervoso Autonomo. Le malattie di tipo psicosomatico sono indotte dallo stress, inteso come risposte emozionali esageratamente intense o mantenute, che attivano risposte fisiologiche e psicologiche deputate a ridurne lo stress stesso. I comportamenti agiti sono quindi nell’ambito della “lotta o fuga”, oppure dell’adattamento (come verrà poi ripreso da Hans Selye). Se gli sforzi del soggetto falliscono perché la capacità di “coping” è inadegauata rispetto alla valenza stressogena, allora il soggetto esperisce un abbassamento delle proprie difese e diventa vulnerabile nei confronti della malattia.

•          Franz Alexander (1934). Riprendendo la teoria di Cannon-Bard, ha iniziato i primi studi delle influenze emotive sui sistemi neurovegetativi. Ciò che sarebbe poi diventato negli anni ’60 un vero e proprio paradigma psicosomatico. Questi studi preliminari hanno anche permesso al medico austriaco Hans Selye di iniziare le ricerche già negli anni ’30 e redigere poi i primi risultati (1956) in relazione allo stress ed alla Sindrome Generale di Adattamento.Alexander, come McDougall (1989) riprenderà successivamente, distingue i sintomi di conversione dell’isteria da quelli organici e fisiologici che, accompagnando lo stato emotivo, si collocano nell’ambito della nevrosi d’organo. In quest’ultimo caso, un eventuale innalzamento della pressione sanguigna non scarica la rabbia associata ma semplicemente la accompagna. Quindi, nel caso del sintomo di conversione si esprime simbolicamente un conflitto rimosso, mentre nel sintomo nevrotico non c’è soddisfazione di nulla. Nella nevrosi d’organo sono coinvolte le due componenti del Sistema Nervoso Autonomo, Orto e Para Simpatico, rispettivamente in relazione ai meccanismi di lotta/fuga e di ritiro vegetativo. In caso di iperattività di questi sistemi Alexander distingue una diversa risultanza sintomatica; in caso di repressione del sistema lotta/fuga si assiste all’insorgenza di disturbi cardiaci, vascolari, di cefalee e dell’artrite reumatoide; al ritiro vegetativo sono associati invece i disturbi gastrointestinali e respiratori dove, in alternativa a un’azione rivolta verso l’esterno come nel sistema di lotta/fuga, si innescano modificazioni interne sostitutive dell’azione.

•          Alfred Adler (1947): ovvero il concetto di inferiorità organica, in altre parole la nevrosi come conseguenza di un’inferiorità d’organo prodotta organicamente o socialmente. Ambiente e relazioni parentali come concause di patologia. Stile di vita ed Ego. Uomo come unità e riorganizzazione dinamica delle parti e non come parti in conflitto. Il lato fisiologico che incide su quello psicoemotivo e l’importanza dell’influenza dell’ambiente. La parte strutturale della persona intesa come ereditarietà attraverso le cosiddette “doti” dell’individuo, che trovano espressione unitaria nello stile di vita.

•          Vicktor von Weizsäcker (1926-1949): Ne “Filosofia della Medicina” parla del cosiddetto “cerchio gestaltico”, composto da un triangolo (figura ricorrente …) espressione di a) avvenimenti corporei tradotti in trasformazioni fisiche, b) avvenimenti psichici espressi in pensieri, sogni e fantasie, c) avvenimenti sociali agiti in rapporti e interrelazioni. Tre linguaggi differenti che, attraverso decodifica e ricodifica dei messaggi, si scambiano informazioni inerenti un’unica realtà esistenziale, e che permettono la piena e gestaltica comprensione dei fenomeni relativi al soggetto.

•          Paul Schilder (1935-1950): L’immagine corporea soggettiva in relazione alla percezione di un sintomo e del suo valore, alle fantasie e ai timori connessi. Lo stress di tipo psicosociale o psichico aumenta l’incidenza dei disturbi dell’immagine corporea, i quali si evidenziano come disturbi somatici, che conseguentemente colpiscono parti o funzioni corporee. Queste ultime quindi sono cariche di significati simbolici di origine conscia e inconscia che, a loro volta, in una sorta di retroazione positiva, influenzano l’atteggiamento del soggetto nei confronti del proprio corpo.

•          Heinz Hartmann (1958): dotazione innata nell’IO dell’individuo (un interessante parallelo all’energia pre-natale della Medicina Tradizionale Cinese). Adattamento ed IO, in altre parole ambiente medio prevedibile e la “frustrazione ottimale” come fattore di crescita emotiva.

•          Medard Boss (1959): Lo psichismo come espressione del soggetto nell’essere nel mondo. La malattia quindi esprime a) l’unica modalità con cui il corpo si relaziona/esprime nei confronti del mondo esterno, oppure b) modalità patologiche, non espresse nel proprio vissuto globale, frutto di una relazione con l’esterno interrotta o esasperata.

•          Edward John Bowlby (1969-1973): Le Relazioni Oggettuali con focalizzazione alla Teoria dell’Attaccamento ed ai Modelli Operativi Interni. Da mantenere nel contesto come paradigma a sé stante ma che tiene conto delle memorie innate di sopravvivenza e sicurezza, parte del nostro sviluppo di specie (Harlow, 1959-1966), e parte ancora che modula le nostre risposte relazionali inconsce attraverso Modelli complessi: l’essere vivente è un sistema auto-eco-regolato/organizzato. Autonomo nell’essere individuo ma dipendente dall’ambiente, qui inteso più come figure di riferimento (caregiver) che come ambiente ecologico. Infatti Bowlby indica come particolare quel legame che unisce stabilmente il bambino alla madre o alla figura adulta che si prende cura di lui sin dalla nascita. E’ quindi un legame affettivo, intimo, costante e duraturo, che lega i membri della diade e che si basa sulla tendenza a ricercare una base sicura; se la base sicura viene meno, è interrotta o minacciata, provoca nel bambino ansia da separazione.

•          Alexander Lowen (1975): La Bioenergetica. Il passato di ciascuno si fissa nel presente come attitudine caratteriale che, a sua volta, si manifesta a livello fisico in forme di rigidità muscolare cronica, le cosiddette “corazze caratteriali”.

•          John Nemiah (1976): Ne “Alexithymia: a view of the psychosomatic process” (1976) e proprio partendo dagli studi sui soggetti alessitimici, ha ipotizzato una carenza di connessioni neuronali fra aree del  sistema limbico, deputate alla rielaborazione delle pulsioni e degli affetti, e le aree corticali, necessarie invece a gestire le rappresentazioni consce, i sentimenti e le fantasie. Così le stimolazioni pulsionali, non potendo essere elaborate a livello corticale, vengono deviate verso l’ipotalamo, il quale a sua volta genera stimoli troppo intensi e prolungati a carico del sistema neurovegetativo.

•          Norman Cousins (1979): Ha dato il proprio contributo attraverso studi e ricerche non sugli effetti corporei negativi delle emozioni, bensì sulle possibilità che sia il pensiero positivo la fonte della guarigione psicosomatica. Ha collaborato attivamente con Ernest Rossi.

•          Wilma Bucci (1985): la relazione preverbale, ovvero una comunicazione/relazione non cosciente, ma che non necessariamente fa parte del rimosso (vedi Freud), semplicemente implicita, fatta di affetti - comportamenti - azioni - interazioni. Il preverbale è agito nei comportamenti, utilizzando un mediatore come le emozioni, in modo automatico e riflette l’organizzazione del sistema-soggetto. Il preverbale è usato dal sistema, insieme anche al dominio del verbale, per mantenere la propria coerenza interna. Non è inoltre necessario che il preverbale diventi cosciente per innescare un cambiamento del soggetto. Si veda a tal proposito Tronick e il Paradigma della Still Face (1978), ovvero l’espansione diadica di coscienza, cioè la co-creazione di un nuovo significato attraverso la connessione affettiva fatta di interazioni faccia a faccia; oppure i momenti di incontro o now-moment di Stern (1985), cioè riconoscimento implicito di interazione che porta una nuova esperienza positiva e condivisa. Da tutto ciò ne deriva che non ha senso basarsi solo sulle interpretazioni verbali. L’elaborazione di una forte emozione avviene su due livelli contemporaneamente, sub-simbolico (sensoriale, motorio, somatico) e simbolico (cognitivo, linguistico). La somatizzazione è il risultato della dissociazione delle emozioni tra questi due livelli. Si parla di Codice Multiplo, il preverbale come REGISTRO separato ma parallelo al registro verbale. Anche quando non si riesce a descrivere un’emozione, tale emozione si esprime comunque nel corpo, che a sua volta la elabora a livello viscerale, motorio e percettivo, cioè a livello sub-simbolico, sotto il livello dell’esperienza simbolica (parole o immagini). L’elaborazione emotiva avviene su tre livelli paralleli, simbolica verbale (parole), simbolica non-verbale (musica, immagini), sub-simbolica non-verbale. Le prime due sotto il controllo intenzionale, l’ultima intuitiva e automatica. Questi “tre vagoni in binari paralleli” si scambiano le informazioni e si organizzano tra loro (processo referenziale cognitivo) perché si riesca a cogliere l’emozione, a regolarla e a comunicarla.

•          Graeme Taylor (1987): Ha avuto il merito di aggiornare la psicoanalisi secondo un paradigma psicosomatico fondato su studi e ricerche solide ed attuali. Dai primi contributi sull’argomento (Gedo, 1991; Eccles, 1989; Edelman, 1992), Taylor ha proseguito con originalità nelle ricerche arrivando a tratteggiare un modello psicosomatico integrato, dove si assiste ad un “consenso su una nuova concezione della mente, intesa come sistema complesso strutturato su diversi livelli di hardware neurale e software del pensiero ordinati da codici differenti, ma in continua interazione attraverso trasduzioni e traduzioni reciproche” ( Taylor, 1987; Orsucci, 1983, a cura di). Taylor ha sviluppato in modo originale gli studi sull’alessitimia, termine coniato da Nemiah e Sifneos (1970) e poi utilizzato come strumento di ricerca, e ciò gli ha permesso di integrare in un modello bio-psico-sociale quanto già tracciato da Engel (1977). In questa dimensione propone una nuova prospettiva nell’intrecciare gli scambi relazionali fra oggetto-sé e oggetto-sensazione (autistico-simbiotico). Si arriva quindi ad una integrazione, in prospettiva psicoanalitica, degli studi di Hofer (1975, 1978, 1981, 1982,1983, 1984 ) sulle relazioni primarie, con i contributi di altri eminenti autori, da Bion (1957, 1962, 1977) a Mahler (1968, 1972, 1975), da Winnicott (1941, 1952, 1953, 1960, 1965, 1966, 1969, 1971) a Kohut (1959, 1972, 1975, 1977, 1979, 1980, 1984) e Tustin (1980, 1981), legando tutto questo ad un solido substrato biologico. Il maggior contributo di Taylor è stato quindi permettere, attraverso una piattaforma multidimensionale di ricerca, l’integrazione fra psicoanalisi, neurofisiologia, biologia, etologia e antropologia, nel comune denominatore di analisi dell’espressione delle emozioni.

•          Beatrice Beebe (1988): Intersoggettività implicita ed esplicita. Il nostro patrimonio intersoggettivo implicito innato e il conseguente affiancamento ( mai sostituzione) di quello esplicito, acquisito attraverso la simbolica del linguaggio.

•          Joyce McDougall (1989): Ne “I Teatri del corpo. Un approccio psicoanalitico ai disturbi psicosomatici”, utilizzando il disturbo alessitimico come terreno di ricerca, ritiene il soggetto psicosomatico incapace di utilizzare il pensiero e le fantasie permettendo all’energia istintuale e pulsionale di scaricarsi nel corpo, producendo effetti talora patologici. Per McDougall quindi, l’isteria di conversione è il risultato di fantasie rimosse mentre il sintomo psicosomatico è la conseguenza di questa incapacità di generare fantasie, fantasie come strumento di protezione per il corpo in presenza di pulsionalità incontrollata.

•          Philippe Caillè & Yveline Rey (1994 e 1998): Gli “oggetti fluttuanti” e l’approccio sistemico-relazionale. Il corpo e la comunicazione non-verbale per delineare le relazioni familiari attraverso un oggetto fluttuante particolare rappresentato dalle cosiddette “sculture” di tipo fenomenologico e di tipo “mitico”. Il segnale analogico del corpo per andare oltre la limitata comunicazione verbale ed esprimere le emozioni sottese alla relazione.

•          Karlen Lyons-Ruth (2003): Inconscio bi-personale (co-costruzione del transfert) e incontro relazionale-intersoggettivo-sociocostruttivista, cioè relazione a due, contatto mentale/esperienza condivise nella relazione interpersonale e nella costruzione sociale. Inconscio procedurale intersoggettivo implicito, cioè conoscenze implicite di come si fanno le cose con gli altri; il cambiamento nel soggetto “oltre” l’interpretazione, sui livelli dichiarativo (parole) e implicito (comportamenti).

 

 

Per finire, un ritorno alle origini, con Wilhlem Wundt che, nel lontano 1879, enuncia il principio del parallelismo psicofisico, in altre parole “I processi mentali e quelli fisici sono paralleli e quindi al cambiamento dei primi corrisponde un cambiamento nei secondi e viceversa”, un concetto psicosomatico ante-litteram.

 

Dottor Romeo Barbieri

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