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Le categorie dei disturbi psicosomatici

La materia psicosomatica, arricchita negli anni grazie ai contributi di numerosi autori,  offre una tale varietà di modelli interpretativi che permettono solo una descrizione approssimativa delle sindromi cliniche a sfondo psicosomatico. Andando oltre gli aspetti clinici convenzionali, negli ultimi due decenni, tali sindromi hanno inoltre assunto un maggior valore simbolico, relativo all’ esperienza emozionale del soggetto coinvolto, offrendo nel contempo un chiaro significato utile alla decodifica delle cause psicosomatiche sottostanti. Partendo dall’apparato coinvolto è possibile suddividerle nel seguente modo:

 -   Disturbi del Comportamento Alimentare ovvero DCA, rappresentati primariamente da Anoressia e Bulimia. In questo contesto l’immagine corporea distorta è il perno attorno al quale il soggetto costruisce le proprie difese, espresse attraverso un cibo diventato surrogato emotivo e catalizzatore designato di  un conflitto relazionale irrisolto. Spesso i soggetti anoressici possono evidenziare nel loro passato abusi in età infantile che possono portare il soggetto verso una negazione dell’identità di genere, oppure relazioni familiari improntate alla ricerca della perfezione apparente, in un clima di conformismo associato a dinamiche relazionali invischiate, risultanti nel dilemma di adeguarsi oppure opporsi e conseguenti conflitti agiti attraverso il cibo. Nel soggetto bulimico, una immagine corporea distorta è il riflesso di personalità di tipo dipendente, istrionica o borderline, spesso accompagnate da vissuti di difficoltà nella separazione e distacco dalle figure di riferimento.

 

-          Disturbi gastroenterici, qui rappresentati essenzialmente da disturbi gastrici come dispepsie e ulcera, senza dimenticare un disturbo assai diffuso come il bruxismo, oppure coliti, di solito associati a emozioni legate alle sensazioni di sicurezza e fiducia da un lato, bisogni insoddisfatti dall’altro, rispettivamente espresse da condizioni di sazietà e fame. Non vanno dimenticati quindi i primi studi di Hans Selye (1956) proprio centrati sugli effetti emotivi nel sistema gastroenterico, includendo poi tutte le successive ricerche in questo ambito. Nel paradigma psicosomatico “allargato”, cioè che include letture simboliche non convenzionali come quelle derivanti dalla Medicina Energetica Cinese, lo stomaco, per esempio, è associato alle emozioni di fissazione, ruminazione, preoccupazione, energeticamente correlate ai muscoli facciali della masticazione, come se la necessità di masticare e ingurgitare potesse compensare la difficoltà di “digerire” una certa situazione.

 

-         Disturbi respiratori, come asma o asma allergica, sintomi legati ai fattori emozionali derivanti da problematiche relazionali, spesso con le figure di riferimento iperprotettive o anaffettive. In ambito energetico la respirazione simbolizza lo scambio interno/esterno, quindi l’interdipendenza relazionale associata a confini definiti e sani fra il Sé e il non-Sé. Uno sviluppo emotivo disturbato derivante da relazioni significative mal adattive possono perturbare le energie polmonari e conseguentemente produrre sintomi associati simbolicamente associati.

 

    Disturbi cardio-circolatori, di varia natura, come aritmie, extrasistole, ipertensione essenziale. I meccanismi fisiologici associati sono quelli di lotta/fuga, relativi al sistema ortosimpatico, in risposta a stress sociali, inadeguatezza di sé rispetto ad aspirazioni e bisogni o perdita di protezione. Come già espresso da Jung nel processo di Individuazione dell’individuo, il Cuore ne rappresenta l’elemento di “conjunction” in relazione all’esperienza accumulata e alla specifica espressione del soggetto stesso; anche in campo energetico tutto ciò è confermato, proprio ponendo le energie di cuore nel punto di annidamento più basso in termini di risposta ai fattori stressogeni di tipo emozionale e relazionale. Il disturbo psicosomatico cardiocircolatorio è considerato a forte valenza emozionale soggettiva e perciò potenzialmente più pericoloso.

 

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   Disturbi uro-genitali e sessuali, includono un’ampia gamma di disturbi che possono riguardare la minzione, la sfera riproduttiva oppure le difficoltà di vario genere nei rapporti sessuali fino alle devianze. Nonostante in ambito clinico si debbano considerare i sintomi nelle differenze esistenti in termini di categoria, valenza e impatto sul soggetto, la visione psicosomatica di tipo energetico contempla una piattaforma comune a cui fare riferimento e che si collega alle energie renali. Tali energie sono l’espressione di fattori innati e acquisiti riuniti ed integrati come un “portale” energetico su cui poggiano tutte le altre energie del soggetto.

 

-          Disturbi di tipo articolare e locomotorio, quali cefalee tensive, lombalgie o reumatismi di tipo psicogeno, disturbi di locomozione. Ancor più di altre tipologie, questi disturbi risentono in modo particolare del fattore psicologico. I muscoli e le articolazioni riflettono direttamente e rapidamente gli stati emotivi. Non dimentichiamo infatti la Bioenergetica di Lowen, il Training Autogeno, il Rilassamento di Jacobson, le tecniche di Mindfulness e di Yoga e tutte le altre discipline che, in una soluzione di circolarità, sfruttano il pensiero per agire sul corpo e il corpo per riequilibrarne le emozioni.

 

-          Disturbi dermatologici. La pelle, oltre a svolgere le varie funzioni fisiologiche,  è da intendere come elemento simbolicamente relazionale in termini di protezione, di confine, di scambio, di proiezione emotiva. I processi neurovegetativi del sistema nervoso autonomo sono regolati dall’ipotalamo, il quale dispone di afferenze dal sistema limbico e si comporta come un “termostato emotivo” nel modulare le risposte autonome di sopravvivenza.

 

Il soggetto psicosomatico, portatore dei disturbi sopra menzionati, può essere considerato deficitario nei processi di mentalizzazione (Taylor, 1987), cioè nelle capacità di elaborazione, controllo e modulazione emotiva attraverso il pensiero, intellettuale e cosciente ma anche immaginativo e fantastico. Tale deficit porta con facilità all’utilizzo di un pensiero di tipo operativo, aderente alla realtà concreta e quindi facilitato nella produzione di sintomi e segni psicosomatici. L’insufficiente mentalizzazione, all’eccesso può produrre una condizione alessitimica, può essere del soggetto che non ha potuto percorrere un normale sviluppo affettivo in età infantile, soprattutto per la mancanza di una adeguata figura materna, quest’ultima da considerare come unità psicosomatica e polo psichico della diade madre-figlio.

 

Dottor Romeo Barbieri

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