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Mindfulness: le evidenze scientifiche

Mindfulness e regolazione emotiva

Numerosi sono ormai gli studi sui benefici della pratica di Mindfulness, ed è possibile categorizzarli lungo diverse dimensioni. Tre sono particolarmente rilevanti anche nella psicoterapia e sono le dimensioni affettiva, inter e intra personale, mentre la dimensione dell’empatia merita di essere considerata dal punto di vista della capacità del terapista nel permettere una migliore relazione e regolazione emotiva interpersonale (Davis, Hayes, 2011).

 

Esistono ormai numerose evidenze sugli effetti positivi della mindfulness nella regolazione emotiva (Corcoran, Farb, Anderson, & Segal, 2010; Farb et al., 2010; Siegel, 2007). Il modello di Corcoran et al. (2010) teorizza che la meditazione promuova una consapevolezza meta-cognitiva, diminuisca la “ruminazione” attraverso uno “sgancio” dalle attività cognitive perseveranti (Ramel et al., 2004), migliorando le capacità attentive attraverso guadagni di processo nella WM (Working Memory o Memoria di lavoro); questi miglioramenti di operatività contribuiscono a generare migliori strategie di regolazione emotiva. A supporto di tale teoria, la ricerca indica che la pratica meditativa è negativamente associata alla “ruminazione”, anche in presenza di disturbi cronici dell’umore (Chambers et al., 2008) ed è direttamente relazionata ad una efficace regolazione emotiva, a un significativo incremento nella capacità della Working Memory e a una maggiore abilità nel sostenere compiti attentivi (Chambers, Lo, & Allen, 2008; McKim, 2008; Ramel, Goldin, Carmona, & McQuaid, 2004).

 

In un altro studio (Jha et al., 2010) sono state esaminate la capacità della WM e delle esperienze emozionali fra soggetti civili e militari, questi ultimi altamente stressati nel periodo precedente all’impiego sul campo. I militari sono stati divisi in due gruppi, uno solo partecipando ad una sessione di mindfulness di 8 settimane. Il gruppo militare non-meditativo ha mostrato un decremento della capacità della WM rispetto al gruppo meditativo, quest’ultimo mostrando un incremento nella capacità della WM proporzionale alla quantità di meditazione effettuata. In aggiunta, la pratica meditativa è risultata direttamente collegata alla affettività positiva esperita dai soggetti e inversamente connessa alle emozioni negative. La capacità della WM ha mediato quindi  la relazione fra il tempo speso nella pratica meditativa e le emozioni negative.

Questo suggerisce che una adeguata pratica meditativa può migliorare la capacità della WM, come già evidenziato (Chambers et al., 2008), e conseguentemente promuove una efficace regolazione emotiva nei periodi di stress, quando la WM diminuisce la propria attività (Jha, Stanley, et al., 2010). La meditazione provoca emozioni positive, minimizza ruminazione e affettività negativa, abilita una efficace regolazione emotiva. Anche solo 8 settimane di pratica meditativa possono alterare i modi in cui le emozioni sono regolate e processate nel cervello (Williams, 2010).

 

La ricerca ha dimostrato inoltre che la pratica meditativa permette ai soggetti di essere meno reattivi emotivamente (Cahn & Polich, 2009; Goldin & Gross, 2010; Ortner, Kiner, & Zelazo, 2007; Siegel, 2007) e di ottenere una maggiore flessibilità cognitiva (Moore & Malinowski, 2009; Siegel, 2007). L’evidenza indica che i soggetti meditativi sviluppano competenze di auto-osservazione che, neurologicamente, sganciano le vie neurali automatiche precedentemente create dall’apprendimento,  abilitando e integrando in modo nuovo lo stimolo del presente (present moment) (Siegel, 2007). La meditazione attiva regioni  del cervello con migliori capacità di risposta agli stimoli stressogeni o alle situazioni negative (Cahn & Polich, 2006; Davidson et al., 2003). L’attivazione di tali regioni corrisponde di conseguenza ad un più rapido recupero dello stato emotivo di base dopo l’attivazione provocata dallo stimolo negativo (Davidson, 2000; Davidson, Jackson, & Kalin, 2000).

 

Numerosi sono inoltre gli altri benefici indotti da tale pratica, illustrati  nelle varie dimensioni oltre gli aspetti emozionali (Davis, Hayes, 2011).

 

Dottor Romeo Barbieri

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